La storia dei Milo’ld
Quando nell’Ottobre 2009 la voglia di alcuni di noi di provare a organizzare anche a Pavia una squadra di Rugby di categoria “Old”, cioè composta di giocatori che avessero compiuto 35 anni e fossero o ex giocatori non più in attività, o neofiti con la voglia di conoscere a fondo le magiche caratteristiche di questo sport meraviglioso, si realizzò sui campi del Cravino, credo che sia stata posta una pietra miliare per poter realmente concretizzare un sogno: l’esigenza di riunire i molti appassionati di Rugby, o meglio innamorati del Rugby, non più così giovani da poterlo praticare in modo agonistico, ma ancora con l’ambizione di poter fiancheggiare ed aiutare il lavoro della sezione Rugby del CUS Pavia per la diffusione sempre maggiore di questo nobile e meraviglioso sport.
Così è nato il Milòld Rugby Club: Milò come il Serpentello delle campagne Pavesi, e Old come la categoria alla quale apparteniamo. L’obiettivo di permettere a chiunque di giocare a Rugby è evidente nella nostra “anacronistica” voglia di lottare anche ad un età non più veneranda, confrontandoci con squadre che fanno parte di un movimento atipico, “un po’ sommerso” ma vivissimo e garante dei principi del nostro sport.
Queste note rappresentano la cronaca dell’inizio della nostra avventura che già nei primi anni ci ha permesso di affermare la nostra passione e la voglia di fornire un contributo affinché Pavia possa diventare un centro di riferimento per la passione e la pratica del rugby, sostenendo soprattutto il movimento del Rugby giovanile.
Il racconto dei nostri primi cinque anni di attività e i resoconti scritti e fotografici devono rimanere un esempio per chi dovrà accollarsi in futuro l’onere di proseguire la tradizione Rugbistica di Pavia.
LA SCELTA DI UN NOME E DI UNA MAGLIA
Lo spogliatoio del CUS Pavia ha poche docce, comunicanti direttamente con lo stanzone con le panchine e gli appendi abiti, in modo che qualunque discussione possa essere condotta da tutti gli astanti (occhio al doppio senso) durante tutti i momenti del post allenamento.
Le squadre Old, composte in genere da un 50% di ex giocatori e dal rimanente 50% da sprovveduti coraggiosi ex giocatori di qualcosa, formano un movimento che in Italia può apparire un tanto nascosto ma che in realtà è diffuso in tutta la Penisola e trova nei nomignoli creati per ogni squadra l’elemento più divertente.
Così, abbiamo visto in precedenza, la ASR Milano ha i suoi veterans detti Bislunghi, i mandrogni si sono chiamati Barbera’s come se quel vitigno fosse loro prerogativa e poi i Senatori Virgiliani, ovviamente di Mantova, gli Old Blacks di Cesano Boscone, I Triarchi di Roma e così tanti altri.
Per questo la scelta di un nome rappresenta nella genesi di una squadra di Old un momento importante e meritevole di attenzione perché, comunque, il nome sarà tramandato, volenti o nolenti, alle memorie scritte di tutto lo sport locale. “Old Blacks (o Tütch Nègher) potrebbe andare. E poi il nero snellisce un casino..” fu la prima scintilla scoccata prima di devastarsi il setto nasale da Maurone Piantanida, il roccioso Fisiatra che non aveva mai corso con una palla in mano. Peccato che a Cesano Boscone ci avevano già pensato qualche anno prima e immaginare un derby utilizzando la versione dialettale per parafrasare quello dei leggendari guerrieri Maori poteva sembrare un tantino irriverente. Si tornava daccapo. Gli allenamenti si dipanavano con estrema regolarità, sensibilmente graziati dal clima,
al punto che il coach Alberto Broli, che aveva stabilito di programmare le prime prove di placcaggio per il mese di Marzo, esterrefatto dai progressi realizzati nei primi mesi, dalla dedizione e dalla voglia di giocare, sfruttò la prima vera abbondante nevicata che appena dopo Natale imbiancò il nostro Stadio per usarla come tappetino soffice sul quale provare il contatto vero.
Quella sera capimmo tutti che l’obiettivo si stava trasformando da attività ginnico sportiva per smaltire qualche kilo di troppo in una vera rincorsa alla prima “partita”: l’agonismo travestito dal tipico non agonismo degli Old.
E per questo la ricerca del nome (e di uno sponsor) diventava una specie di ossessione ogni volta che sotto la doccia qualcuno iniziava la discussione. Antonio Pinzone, in quel periodo molto attivo, una sera di Febbraio rivelò la sua natura di pavese integrato e romantico: “Pav blue – ovviamente tipo erre moscia – oppure Grand pavesi” – quasi fossimo fragili come dei biscotti – e infine “Bonardas, perchè in questo caso potrei avere un piccolo sponsor dall’Oltrepo”.
E la storia dello Sponsor diventa interessante perché rifornire il CUS di una muta da lasciare in eredità agli Old che verranno dopo di noi, poteva sembrare uno scherzo, ma in realtà faceva ballare più o meno 3 testoni di vecchie lire. E fu allora che tre sentieri paralleli alla fine divennero convergenti. Massimo Bocchiola, fin dai tempi della sua infanzia Villanterese e poi del Collegio Borromeo, sapeva tutto, ma proprio tutto dei serpentelli d’acqua che vivono nelle nostre campagne. Come dire che era un vero esperto del Milo’, un animale del quale appresso diremo di più. Qui possiamo solo ricordare che l’idea di riferire la nostra estrazione Pavese al tipico serpente d’acqua delle risaie e dei canali di campagna poteva essere un’idea originale anche perché Milo’ si compenetrava con Old facilmente, creando una parola composta (si dice così) che interpretava le nostre intrinseche caratteristiche: Milo’ld.
Una sera di Febbraio, riuniti in cerchio, Alberto Broli indisse una specie di assemblea che, per alzata di mano, approvò il nome della squadra. Il secondo sentiero fu battuto da Paolo Appiani, anzi, dal suo primogenito, artista in pectore che traendo spunto dalla descrizione fatta dal padre (veterinario non per nulla) di questa Biscia caratteristica, si preoccupò di disegnare il simbolo che vista l’originalità, la grinta dell’emblema della squadra e la geniale trovata di infilare, ben stretta, nella coda la palla ovale, fu acclamato all’unanimità come simbolo imperituro degli Old del CUS Pavia Rugby in un vorticoso e rapidissimo giro di mail sul web.
La storia del nostro primo sponsor, colui che ha avuto il coraggio di sostenerci ed armarci, è piuttosto interessante.
Il terzo sentiero che doveva convergere in tempi sufficientemente brevi in realtà si rivelò una strada un tanto più impervia. Dovete sapere che Paolo Gaetani e Massimo Bocchiola, amici da una vita, nella primavera del 2010, a casa come nelle cene con gli amici comuni, avevano un argomento pressoché unico del quale discutere, e lasciamo a voi indovinare quale poteva essere. Ed una domenica di Maggio sulla riva del Ticino accarezzarono un’idea strabiliante e commovente sotto certi punti di vista. Il presupposto era Pavia, città Universitaria per antonomasia, città di cultura e dalla grande attitudine a realizzare grandi eventi nei campi della Scienza (come il Festival del Sapere). L’altro presupposto era che lo sport Pavese era in crisi a tutti i livelli per mancanza dei fondi che normalmente derivavano dalle attività imprenditoriali ormai quasi sparite o comunque alle prese con la crisi degli ultimi anni. Per questo c’era una sola possibilità: coinvolgere uno sponsor trovato nel campo della cultura, uno sponsor che produce cultura, uno sponsor che rappresenta “ipso facto” la cultura. Cosa di meglio di una Agenzia Letteraria come sponsor per una squadra di una città Universitaria, altro che il riso o il vino.
Roberto Santachiara, per gioco e per amicizia (soprattutto per questo) intravide in questo atto la possibilità di rendere visibile il simbolo della sua Agenzia, un orsetto che scrive con una penna e un calamaio, accanto al terribile Milò. Vide il progetto del nostro scudetto e disse sì. Avevamo trovato chi credeva in noi.
«Ma non c’è nessuno snobismo, in nessuno di noi…» si affretta a precisare il nostro leggendario primo capitano, Paolo Appiani «… ci imbrattiamo di fango come se il nostro sponsor fosse una ditta di macchinari per il movimento terra». E Roberto Santachiara, nominato successivamente Presidente Onorario, rincara scherzosamente la dose con queste parole: «Li ho sponsorizzati solo dopo essermi accertato che fossero veri energumeni, proprio come Oscar Wilde considerava i rugbisti».